Uno studio italiano, coordinato dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e dall’Università di Genova, ha chiarito quante e quali siano e come identificare le forme di melanoma ereditario in Italia. La ricerca, di recente pubblicata sulla rivista ESMO Open, getta le basi per una revisione dei criteri di valutazione genetica dei casi italiani di melanoma

Il melanoma

Il melanoma è un tumore maligno causato da melanociti, le cellule della pelle che hanno il compito di produrre melanina per proteggere il nostro DNA dagli effetti nocivi dei raggi solari. In passato il melanoma era considerato un tumore raro, ma già da qualche anno la situazione è cambiata, anche nel sud Europa dove l’incidenza è sempre stata bassa: ogni anno in Italia si registrano quasi 15.000 nuove diagnosi di melanoma, che attualmente è il terzo tumore più frequente nelle persone con meno di 50 anni.

Il rapido aumento dei casi è dovuto principalmente a fattori ambientali, in particolare ad errate abitudini di esposizione agli ultravioletti; una percentuale variabile di casi di melanoma è rappresentata, invece, da forme ereditarie, scaturite da una predisposizione genetica che aumenta il rischio di sviluppare non solo il tumore cutaneo, ma anche altri tipi di tumore.

Lo studio

Lo studio nazionale, coordinato dalla prof.ssa Paola Ghiorzo, responsabile dell’unità di Genetica dei Tumori Raridell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e dalla prof.ssa Lorenza Pastorino, dell’Università di Genova, è stato condotto nell’ambito dell’Intergruppo Italiano Melanoma (IMI), che ha consentito, anche tramite teleconsulenza, una collaborazione fra 25 centri sparsi su quasi tutto il territorio nazionale.

Dal 2016 al 2021, con la collaborazione di diversi gruppi di ricerca italiani e attraverso la telemedicina, è stato possibile studiare un’ampia casistica di melanomi con alto sospetto di ereditarietà in persone distribuite su tutto il territorio nazionale – racconta il prof. William Bruno e primo autore dello studio insieme alla dott.ssa Bruna Dalmasso dei quasi mille pazienti arruolati, infatti, 705 sono originari del Nord, 119 del Centro e 116 del Sud Italia. Le analisi genetiche derivano dall’utilizzo di un pannello multigenico, che ha permesso di esaminare contemporaneamente tutti i geni ad oggi noti per essere associati a forme ereditarie di melanoma”.

“I risultati del progetto hanno rivelato che è possibile identificare una predisposizione genetica, causata da un ristretto numero di geni, in meno del 10% dei casi – aggiunge Dalmasso –ciò suggerisce che è necessaria una ridiscussione dei criteri di accesso al test genetico per individuare i soggetti a rischio in modo più efficiente. Inoltre, è emerso che, quando una diagnosi di uno o anche più melanomi arriva dopo i 60 anni, la probabilità che il melanoma sia dovuto ad una predisposizione genetica è remota; è più plausibile invece che la persona abbia sviluppato il tumore a causa dei danni ambientali accumulati nel tempo. Lo stesso discorso vale se in una famiglia ci sono più casi di melanoma, ma nessuno diagnosticato prima dei 60 anni”.

Al contrario, bisogna sospettare l’ereditarietà quando in un paziente affetto da melanoma o nei suoi parenti è stato diagnosticato uno dei tumori associati alle forme ereditarie– riprende Bruno -per esempio, il gene che più frequentemente è causa delle forme familiari di melanoma, CDKN2A, quando mutato aumenta, seppur di poco, il rischio di sviluppare un adenocarcinoma pancreatico nell’arco della vita. O ancora se nella persona stessa o in famiglia ci sono casi di mesotelioma, tumori renali o melanoma oculare, il responsabile potrebbe essere un altro gene, BAP1. Da qui l’importanza di raccogliere la storia famigliare, per individuare condizioni che implichino rischi oncologici su più fronti e per le quali una sorveglianza avviata tempestivamente può consentire diagnosi precoci e magari cambiare la storia clinica dei pazienti”.

Attualmente il contesto epidemiologico è in rapida evoluzione ed è sempre più probabile che una storia di melanoma non sia ereditaria, per cui bisogna proteggersi a qualunque età e soprattutto fin da giovani, specialmente se sono presenti fattori di rischio dermatologici o errate abitudini di esposizione agli ultravioletti.

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