A rivelarlo è uno studio internazionale coordinato dal San Martino che per la prima volta ha individuato un gene che, se mutato, favorisce l’insorgenza di melanoma. Un risultato fondamentale per riuscire a comprendere meglio i meccanismi che determinano lo sviluppo di questo tipo di tumore e contrastarli con nuove possibili strategie terapeutiche.

Arriva dal San Martino la recente notizia della scoperta di un nuovo gene che, quando mutato, può incrementare le probabilità di sviluppare melanoma, la forma più letale di cancro della pelle. Paola Ghiorzo e Bruna Dalmasso, ricercatrici dell’Ospedale Policlinico San Martino e dell’Università di Genova, hanno coordinato lo studio internazionale che ha dimostrato per la prima volta che il rischio di sviluppare melanoma è fino a 3 volte più alto nelle persone con specifiche mutazioni sul gene ATM (dalla sigla inglese Ataxia-Telangiectasia Mutated), già noto in ambito oncologico per essere collegato all’insorgenza di varie forme tumorali. I risultati sono stati pubblicati su Genetics in Medicine, rivista ufficiale dell’American College of Medical Genetics and Genomics.

Nel 2020 in Italia si sono registrate quasi 14.900 nuove diagnosi di melanoma, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. A livello mondiale la situazione è la stessa: il numero di persone colpite da questa forma di tumore è in continua crescita, soprattutto in quei paesi abitati per la maggior parte da individui con pelle chiara. Circa il 9-10% dei pazienti hanno una storia familiare di melanoma o di altri tipi di tumori, dimostrando che il fattore genetico gioca un ruolo rilevante per l’insorgenza del melanoma.
 
In particolare, ATM è un gene coinvolto nel controllo di meccanismi cellulari fondamentali, come ad esempio la crescita e la divisione delle cellule e i processi di riparazione del DNA. Proprio per il ruolo centrale che ATM assume, le sue mutazioni sono studiate nel campo dei tumori.
 
<<Un anno fa, attraverso studi di associazione, abbiamo scoperto nuove regioni del genoma (l’insieme dell’informazione genetica presente nel DNA che, come un manuale di istruzione, guida lo sviluppo e regola il funzionamento del corpo) legate al rischio di melanoma – spiega Paola Ghiorzo, responsabile del Dipartimento di Genetica dei Tumori dell’Ospedale Policlinico San Martino – Questi risultati ci hanno permesso di restringere il campo per arrivare a identificare nuovi geni, ma era necessario individuare i meccanismi, le relazioni causali tra i geni localizzati in queste regioni e il melanoma. A seguito di un riscontro di mutazioni a carico del gene ATM in famiglie Italiane, abbiamo promosso una collaborazione internazionale tra 22 centri dei consorzi GenoMEL e Melanostrum che, con oltre 2000 pazienti arruolati, ci ha permesso di evidenziare come particolari mutazioni di ATM predispongano ad un più alto rischio di sviluppare il melanoma>>.
 
<<ATM è un gene di grandi dimensioni ed è soggetto a frequenti mutazioni, anche benigne, per cui è stato particolarmente difficile dare una corretta interpretazione del significato delle varianti genetiche trovate – aggiunge Bruna Dalmasso, primo autore dello studio – Abbiamo confrontato i nostri dati con quelli di estese casistiche di controllo, così facendo abbiamo individuato un aumentato rischio di sviluppare il melanoma, sia per le mutazioni che portano alla perdita di funzione del gene ATM sia per le varianti a incerto significato funzionale>>.
 
La rilevanza dello studio è duplice. Da un lato questa scoperta permette di stimare un rischio più alto di melanoma nel paziente portatore di specifiche mutazioni sul gene ATM e di giustificare l’eventuale presenza in famiglia di altri tipi di tumori, che altrimenti non si sarebbero potuti associare ad un rischio genetico. Dall’altro lato, apre la strada a nuovi approcci terapeutici per il melanoma, perchè il coinvolgimento di ATM nella via di riparazione del DNA è già un bersaglio di terapie per altri tipi di neoplasie.
 
Per approfondimenti: www.nature.com/articles/