Effect of a Lower vs Higher Positive End-Expiratory Pressure Strategy on Ventilator-Free Days in ICU Patients Without - A Randomized Clinical Trial. Questo il titolo dello studio pubblicato online su JAMA nel 2020, che coinvolge il gruppo di Anestesiologia e Terapia Intensiva dell’Ospedale Policlinico San Martino, diretto dal professor Paolo Pelosi.
 
La quasi totalità dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva necessita di supporto ventilatorio meccanico. In particolare, i pazienti non affetti da ARDS (insufficienza respiratoria ipossiemica severa) rappresentano la maggior parte dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva che necessitano di ventilazione meccanica.
 
Nei pazienti non affetti da ARDS, con polmoni “relativamente sani”, la ventilazione con pressione di fine espirazione più alta (la pressione di fine espirazione è quella pressione che il ventilatore applica durante le pause tra la fine dell’espirazione e l’inizio dell’inspirazione per mantenere il polmone areato) potrebbe portare da un lato ad una migliore distribuzione dell'aerazione polmonare ma, dall’altro, anche peggiorare le lesioni esistenti o causare nuove lesioni polmonari.
 
Lo studio, eseguito in collaborazione con il RELAx Collaborative Group e con l’Unità di Terapia Intensiva dell’Academic Medical Center (AMC) di Amsterdam, diretto dal professor Marcus Schultz, ha incluso 980 pazienti non affetti da ARDS, randomizzati a ricevere la ventilazione meccanica utilizzando una pressione di fine espirazione più bassa, con l’obiettivo di verificare se quest’ultima non fosse inferiore ad una pressione di fine espirazione più alta. 
 
Al termine dello studio, tra i pazienti ricoverati in terapia intensiva e non affetti da ARDS, l’utilizzo di una pressione di fine espirazione più bassa è risultata valida quanto un utilizzo di una pressione di fine espirazione più alta. 
 
Questi dati permettono di definire ed ottimizzare il trattamento ventilatorio dei pazienti non affetti da ARDS, con uso di volumi correnti ridotti e pressione di fine espirazione relativamente bassa, riducendone i possibili danni iatrogenici e migliorando la prognosi clinica.