Uno studio targato Istituto Italiano di Tecnologia, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e Università di Genova ha sviluppato un approccio innovativo che sfrutta il fenomeno della bioluminescenza delle lucciole per prevenire l’iperattività neuronale, caratteristica delle crisi epilettiche. I risultati della ricerca, pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Communications, aprono la strada a nuove strategie terapeutiche contro l’epilessia e traslabili anche ad altre patologie neurologiche, tra cui le lesioni cerebrali dovute a ischemie o traumi
Con 550.000 casi in Italia e oltre 50 milioni nel mondo, l’epilessia è tra le patologie neurologiche più diffuse, tanto che dal 2020 è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come malattia sociale.
La maggior parte delle persone colpite trae beneficio dalle terapie disponibili, ma nonostante i successi dei farmaci anti-epilettici, circa un terzo dei pazienti ancora non risponde alle cure.
L’optogenetica: un potente approccio terapeutico per controllare l’attività dei neuroni
“L'optogenetica è una tecnica innovativa usata per studiare e controllare con la luce l'attività delle cellule nervose – come spiega Fabio Benfenati, che insieme a Elisabetta Colombo, rispettivamente direttore e ricercatrice del Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino ha coordinato lo studio - La strategia prevede la modificazione genetica dei neuroni per indurli a produrre proteine sensibili alla luce, le opsine, che, quando colpite da una specifica lunghezza d'onda, influenzano l'attività della cellula: illuminando determinate aree del cervello, come dotati di un vero e proprio interruttore, i neuroni possono essere accesi o spenti in tempo reale e con grande precisione”.
Attualmente, per evitare di impiantare nel cervello fibre ottiche che attivino le opsine, è possibile sfruttare processi di bioluminescenza a base di luciferasi, la stessa proteina che permette alle lucciole di emettere luce: la somministrazione del substrato, una sostanza che la luciferasi consuma per produrre il segnale luminoso, consente di promuovere l’attivazione dell’opsina “on demand”.
Ma ciò non risolve il problema della tempistica: quando attivare il circuito per prevenire le crisi epilettiche in arrivo?
“A questo scopo – risponde Colombo –, abbiamo implementato il sistema a circuito chiuso con un sensore innovativo per rilevare anomalie nel pH dei neuroni. Grazie alla somministrazione del substrato, la luciferasi si “illumina”, lo stimolo luminoso attiva il sensore che, quando percepisce livelli troppo acidi di pH, anticipatori delle convulsioni, attiva l’opsina per interrompere l’attività elettrica anomala dei neuroni epilettici, ristabilendo così la funzione cerebrale fisiologica”.
“Un tale approccio è risultato efficace nei modelli sperimentali di epilessia di natura genetica non solo per contrastare gli episodi parossistici, abbreviando del 32% la loro durata, ma anche per prevenirli, riducendo di oltre 3 volte il numero di crisi epilettiche registrate rispetto al gruppo di controllo, il cui circuito era mancante dell’opsina – aggiunge Caterina Michetti, prima autrice del lavoro e ricercatrice dell’Università di Genova e dell’IIT -. Inoltre, con questa strategia viene influenzata solo la funzione dei neuroni patologici, lasciando inalterate le cellule circostanti e, soprattutto, non vengono intaccati in alcun modo i comportamenti cognitivi, riducendo anche gli effetti collaterali legati a trattamenti più invasivi o meno mirati”.
“Il modello sviluppato rappresenta un approccio potenzialmente promettente per il trattamento dell’epilessia cronica refrattaria ai farmaci, indipendentemente dall’eziologia specifica, genetica o non genetica, in particolare per i casi in cui l’intervento chirurgico non è possibile – conclude Benfenati –. L’ultimo tassello per tradurre tutto questo in una terapia preventiva è ottimizzare la via di somministrazione farmacologica del substrato della luciferasi, per permettere al sistema a circuito chiuso di rimanere acceso per lungo tempo ed essere pronto ad entrare in azione quando il cervello ne ha bisogno”.
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