Lo dimostra uno studio internazionale, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Brain e coordinato dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e dall’Università di Genova, in cui per la prima volta è stata identificata una combinazione di parametri che permette di valutare se possono insorgere a breve termine Parkinson o altre patologie collegate all’accumulo della proteina alfa-sinucleina (alfa-sinucleinopatie).
Una buona notizia in ambito neurologico arriva direttamente dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino: d’ora in poi si può stimare con precisione se un paziente con disturbo comportamentale in sonno REM (RBD - REM Behavior Disorder) è ad alto rischio di sviluppare Parkinson o altre alfa-sinucleinopatie, nei due anni successivi alla diagnosi di RBD.
È quanto emerso dai risultati di uno studio coordinato dal Prof. Dario Arnaldi, Neurologo e ricercatore dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, che ha coinvolto 9 centri dislocati in tutto il mondo.
Il primo parametro di selezione dello studio è stato il RBD, che si manifesta con un’intensa attività motoria collegata a ciò che si sogna e provocata dalla perdita della normale atonia muscolare. In assenza di disturbi, infatti, durante il sonno REM si perde completamente il tono muscolare volontario: si resta immobili anche durante la fase onirica. Il RBD era un fattore già noto di rischio di sviluppo di alfa-sinucleinopatie, come il Parkinson, ma fino ad oggi, non era possibile ipotizzare quando sarebbe potuta insorgere la malattia. I risultati hanno portato alla scoperta che alterazioni nel funzionamento di specifiche aree cerebrali visibili alla SPECT, un esame di neuroimaging smile a una PET, in combinazione con costipazione e deficit cognitivo indica un altissimo rischio di sviluppare alfa-sinucleinopatie a distanza di 2 anni dalla diagnosi di RBD.
<<I risultati dello studio hanno una enorme rilevanza clinica – sostiene il Prof. Arnaldi – sono attualmente in fase di sperimentazione diversi farmaci neuroprotettivi, che vengono testati su pazienti con una alfa-sinucleinopatia ormai conclamata. Siamo però convinti che l’avvio delle terapie avvenga troppo tardi. Le alfa-sinucleinopatie, come il Parkinson e la demenza con corpi di Lewy, sono caratterizzate da una lunga fase, detta prodromica, in cui ci sono già segni di neurodegenerazione ma non sintomi della malattia. Se i farmaci neuroprotettivi fossero somministrati a pazienti che si trovano ancora in questa fase si potrebbero avere maggiori possibilità di successo terapeutico. Questo studio fornisce per la prima volta dei parametri che permettono di identificare con un’ottima accuratezza quei pazienti che sono ad alto rischio di sviluppare a breve termine un’alfa-sinucleinopatia>>.
Il Prof. Flavio Nobili, che ha coordinato il gruppo di ricerca della Clinica Neurologica (IRCCS Ospedale Policlinico San Martino; DINOGMI, Università di Genova) avvalendosi della stretta collaborazione della Prof.ssa Silvia Morbelli (Medicina Nucleare dello stesso Policlinico e della stessa Università) e del Dott. Andrea Chincarini (sezione genovese dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare), sottolinea <<Le informazioni ottenute da questa ricerca perfezionano i criteri di inclusione utilizzati per selezionare i pazienti da sottoporre alle terapie neuroprotettive in fase di sperimentazione. L’affidabilità dei risultati deriva anche dall’elevato numero di pazienti con RBD e di soggetti sani di controllo che si è riusciti ad includere, grazie alla partecipazione di molti centri che, nel mondo, lavorano attivamente in questo ambito>>.