CD56, una proteina normalmente presente sulla superficie di alcune cellule del sistema immunitario, potrebbe diventare un prezioso indicatore capace di guidare i medici nella scelta della terapia più efficace per i pazienti affetti da mieloma multiplo. Questo è quanto emerge da uno studio condotto all’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova pubblicato sulla rivista internazionale Blood Cancer Journal.

 

Immagine decorativa raffigurante un/a laboratorista che regge una provetta e scrive delle annotazioni.

CD56, una proteina normalmente presente sulla superficie di alcune cellule del sistema immunitario, potrebbe diventare un prezioso indicatore capace di guidare i medici nella scelta della terapia più efficace per i pazienti affetti da mieloma multiplo. Questo è quanto emerge da uno studio condotto all’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova pubblicato sulla rivista internazionale Blood Cancer Journal.

Il mieloma multiplo è un tumore del sangue aggressivo che ha origine nel midollo osseo e colpisce le plasmacellule, cellule del sistema immunitario normalmente deputate alla produzione di anticorpi. In Italia, secondo i dati dell’Associazione Italiana Registro Tumori (AIRTUM), nel 2024 si sono registrati circa 6.700 nuovi casi. 

Negli ultimi anni l’arrivo di nuove terapie mirate ha migliorato sensibilmente l’aspettativa di vita dei pazienti. Tra queste terapie, un ruolo cruciale è svolto dall’immunoterapia, che sfrutta le difese immunitarie del paziente indirizzandole contro le cellule tumorali.

Oggi i due anticorpi monoclonali più utilizzati sono Isatuximab e Daratumumab. Tuttavia, non esiste ancora un criterio certo che consenta di prevedere a priori quale dei due sia più indicato.

Lo studio guidato da Michele Cea, Dirigente Medico presso la Clinica Ematologica del Policlinico San Martino e Professore Associato all’Università di Genova, in collaborazione con il Dana-Farber Cancer Institute di Boston e la Harvard Medical School, ha individuato nella CD56 un potenziale indicatore chiave: “Abbiamo scoperto che identificare precocemente i livelli di CD56 presenti sulla superficie delle cellule tumorali consente di selezionare con maggiore precisione la terapia. Le nostre evidenze suggeriscono che, quando questa proteina è presente in quantità elevata, Isatuximab possa offrire un’efficacia superiore” – spiega Cea. “È un’informazione immediatamente applicabile nella pratica clinica, poiché la misurazione di CD56 viene già eseguita di routine attraverso l’analisi del sangue midollare.”

Immagine che riporta una citazione del prof. Cea e della dott.ssa Giorgetti:

Giulia Giorgetti, prima autrice dell’articolo scientifico sulla ricerca dal titolo “CD56 expression modulates NAD+ metabolic landscape and predicts sensitivity to anti-CD38 therapies in multiple myeloma”, pubblicato su Blood Cancer Journal, è una giovane ricercatrice afferente all’IRCCS e all’Università di Genova.  Racconta: “Le cellule con alti livelli di CD56 mostrano un metabolismo più attivo, che Isatuximab riesce a trasformare in una vulnerabilità, interferendo con i processi metabolici cellulari. Il nostro laboratorio, con una lunga esperienza nello studio del metabolismo cellulare, sta ora lavorando per sfruttare ulteriormente questa debolezza intrinseca, così da trasformarla in un nuovo bersaglio terapeutico e aprire la strada a cure innovative contro questo tumore maligno del sangue.”

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