Scoprire prima della diagnosi di essere portatrici di una mutazione nei geni BRCA1 o BRCA2 può cambiare il destino di una donna colpita da tumore al seno ereditario. Questo è quanto emerge da uno studio mondiale condotto dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Clinical Oncology, che ha dimostrato come la diagnosi precoce grazie al test genetico preventivo possa migliorare la prognosi e ridurre l’aggressività delle cure.

 

Immagine decorativa che raffigura il DNA e una mano che indossa un guanto da laboratorio che tiene una provetta.

Confermandosi la neoplasia più diffusa tra le donne, ogni anno in Italia si registrano oltre 55mila nuove diagnosi di tumore al seno, di cui il 5-10% dei casi riguarda donne sotto i 40 anni. Un fattore di rischio genetico chiave è la presenza di varianti patogenetiche nei geni BRCA1 e BRCA2, che aumentano il rischio di sviluppare il tumore al seno fino al 70% nel corso della vita. Si stima che circa una donna su 400 nel mondo sia portatrice di una mutazione BRCA, ma questa percentuale sale notevolmente nelle famiglie con una storia di tumori al seno o alle ovaie.

Matteo Lambertini, oncologo della Clinica di Oncologia medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, ha guidato uno studio retrospettivo che ha raccolto i dati da 78 centri in tutto il mondo sulla più ampia casistica di pazienti con mutazione genetica BRCA a cui è stato diagnosticato il tumore al seno prima dei 40 anni. Il decorso clinico di 4.752 giovani donne diagnosticate tra il 2000 e il 2020 è stato analizzato con un duplice obiettivo: evidenziare come il momento della diagnosi genetica possa influenzare la prognosi e la sopravvivenza e comprendere meglio le differenze nelle caratteristiche del tumore sviluppato nelle donne portatrici di mutazione nel gene BRCA1 o BRCA2.

“L’aspetto più rilevante emerso dallo studio riguarda l’importanza della diagnosi genetica precoceracconta Lambertini -. Le donne che scoprono di essere portatrici di una mutazione BRCA prima di ricevere la diagnosi di tumore tendono a individuare la malattia in fase iniziale, con il doppio di possibilità di scoprire il tumore quando è più piccolo di 2 cm, e il 15% in meno di rischio di avere metastasi linfonodali ascellari. Questo consente di evitare trattamenti più aggressivi, come la chemioterapia o interventi chirurgici più invasivi come la dissezione ascellare. Inoltre, queste donne mostrano una sopravvivenza migliore rispetto a chi viene sottoposto al test genetico solo dopo aver scoperto la malattia”.

I ricercatori hanno anche analizzato come le mutazioni nei geni BRCA1 o BRCA2 incidono non solo sul decorso clinico, ma anche su diverse variabili, come età alla diagnosi, aggressività e tipologia di tumore sviluppato e strategia terapeutica adottata.

Dichiarazione di Matteo Lambertini:

“Le donne portatrici di mutazione BRCA1, rispetto alle donne con mutazione BRCA2, hanno una probabilità di 5 volte più elevata di sviluppare tumori più aggressivi, con una crescita più rapida e meno sensibilità alle terapie con ormoni, perché le cellule neoplastiche non esprimono i recettori ormonali spiega Lambertini -. Inoltre, hanno un rischio maggiore di sviluppare un secondo tumore al seno o altri tipi di cancro. Tuttavia, rispetto a chi presenta la mutazione BRCA2 e che sviluppa principalmente tumori positivi ai recettori ormonali, hanno meno probabilità di sviluppare metastasi a distanza”.

I risultati pubblicati di recente sulla prestigiosa rivista Journal of Clinical Oncology indicano che la consapevolezza genetica porta a una diagnosi più precoce e a trattamenti meno invasivi, migliorando la qualità della vita delle pazienti.

“È cruciale offrire test genetici alle donne con una storia familiare di tumore al seno o all’ovaio conclude Lambertini -. Identificare in anticipo una mutazione BRCA permette di adottare strategie di prevenzione e sorveglianza, come controlli più frequenti o interventi chirurgici preventivi anche nei familiari portatori della stessa mutazione, aumentando le possibilità di individuare il tumore in fase precoce e migliorando quindi le prospettive di cura e guarigione”.

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