Cicli ripetuti di un digiuno “modificato”, cioè di una dieta vegana ipocalorica, con pochi zuccheri e poche proteine, potrebbero migliorare la risposta alle cure ormonali e rallentare la progressione della malattia in pazienti con tumore al seno.
Questo è emerso per la prima volta dai risultati di uno studio internazionale, coordinato dal Prof. Alessio Nencioni dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e dal Prof. Valter Longo dell’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano, sostenuto da Fondazione AIRC e pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista Nature.
Circa 400 mila donne sono in terapia ormonale in Italia, cioè tre su quattro di quelle che ricevono diagnosi di carcinoma mammario. Lo studio ha raccolto dati su 36 pazienti sottoposte a cure ormonali integrate con cicli di dieta protratti per una media di circa sei mesi. I risultati confermano quanto osservato nei topolini con tumore al seno, cioè l’effetto metabolico provocato dal digiuno riduce la produzione di diversi fattori che favoriscono la proliferazione delle cellule tumorali.
I dati sono incoraggianti, anche se occorrono conferme da studi clinici con un più alto numero di pazienti. In ogni caso la dieta non deve essere considerata come una cura contro il cancro “fai da te”, perché non sostituisce le terapie indicate dall’oncologo curante, ma semmai le integra.
Occorre infatti seguire questo regime alimentare sotto il controllo degli specialisti, monitorando anche che l’alimentazione, tra un ciclo e l’altro, sia adeguata per evitare il rischio di malnutrizione, condizione che potrebbe causare inefficacia delle terapie anti-tumorali.
Come spiega Alessio Nencioni: <<I cambiamenti nel metabolismo indotti dai regimi di digiuno testati sono associati ad effetti antitumorali positivi, che peraltro vengono mantenuti a lungo nel tempo. Ciò significa che questi regimi di restrizione dietetica potrebbero essere un’arma in più per combattere il tumore della mammella nelle donne in terapia ormonale, senza il rischio di effetti collaterali seri. Si tratta ovviamente di risultati iniziali ma, se saranno confermati da ulteriori studi clinici con numeri più ampi di pazienti, potrebbero aprire la strada a nuovi scenari nell’ambito delle terapie oncologiche integrate, diventando una strategia da abbinare alle consuete cure>>.