Uno studio dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, finanziato grazie a fondi 5x1000, ha identificato, con l’aiuto di algoritmi di machine learning, i tratti genetici che predispongono al rischio di sviluppare metastasi epatiche, i pazienti colpiti da melanoma uveale, un tumore dell’occhio raro ma aggressivo.
Il melanoma uveale è la forma più comune di tumore maligno intraoculare negli adulti. Colpisce circa 5 persone su 1 milione ogni anno e ha una forte tendenza a metastatizzare, principalmente verso il fegato.
La ricerca, coordinata da Adriana Amaro, ricercatrice presso l’U.O. Regolazione dell'espressione genica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, e realizzata grazie ai fondi 5x1000, utilizzando tecniche avanzate di machine learning, ha fatto luce su quali alterazioni genetiche distinguono i pazienti a rischio di metastasi da quelli con prognosi migliore. Lo studio si è concentrato sull’analisi dei dati genetici ed epigenetici di 80 pazienti colpiti da melanoma uveale, raccolti all’interno del progetto internazionale TCGA (The Cancer Genome Atlas).
“Integrando due fonti complesse di informazione, come l’espressione genica e la metilazione del DNA, - spiega Francesco Reggiani, ricercatore del Policlinico San Martino e primo autore dello studio -. abbiamo utilizzato un approccio innovativo, chiamato jSVD (joined Singular Value Decomposition), che ha permesso di individuare due gruppi molecolari distinti: uno associato a prognosi favorevole e uno con maggiore rischio di sviluppare metastasi. Si tratta di un metodo capace di far parlare insieme dati molto diversi tra loro, un po’ come se mettessimo in sincronia due lingue diverse per ottenere una nuova chiave di lettura. Grazie a questa strategia siamo riusciti a restringere il campo da più di 20.000 geni a un gruppo molto ristretto di 17, che si sono rivelati particolarmente informativi per prevedere l’andamento della malattia”.
“Attraverso l’uso di un Multigene Score (MGS), ovvero un punteggio composito basato sull’espressione genica, abbiamo selezionato in modo accurato geni particolarmente legati all’andamento della malattia per distinguere i pazienti ad alto rischio di metastasi – prosegue Adriana Amaro -. Alcuni sono coinvolti in processi come l’infiammazione, il movimento delle cellule e la risposta del sistema immunitario: tutti aspetti che sappiamo essere fondamentali nella progressione del tumore. Quello che colpisce è come questi geni, presi insieme, raccontino una storia complessa e completa della malattia: ci dicono qualcosa su come si comporta il tumore, su quanto è aggressivo e su come potrebbe evolvere. Questo ci permette di pensare, in futuro, a strumenti sempre più personalizzati per monitorare i pazienti e magari anche per scegliere terapie più mirate. Si tratta di un passo avanti importante verso una medicina di precisione, anche per tumori rari come il melanoma uveale, in cui spesso abbiamo meno strumenti a disposizione. L’intelligenza artificiale ci aiuterà a leggere dati complessi e a trovare segnali che altrimenti sarebbero rimasti nascosti: una risorsa preziosa per la ricerca e, speriamo presto, anche per la clinica”.
Lo studio è stato finanziato grazie ai fondi del 5×1000 destinati alla ricerca sanitaria. Un esempio concreto di come il contributo dei cittadini possa trasformarsi in innovazione scientifica e speranza per i pazienti.
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